Tirava vento da sradicare gli alberi lungo il viale intasato dalle automobili bloccate nel consueto ingorgo della sera, all'incrocio tra via Marconi e viale Fleming, proprio dinanzi alla chiesa di Santa Lucia.
Il falò in onore della Santa era divampato da appena una settimana e sull'asfalto della strada era ancora visibile la macchia di bitume arso sotto la brace che appena l'altra domenica aveva fatto ribollire il catrame.
Tossivo ripetutamente, avvertendo uno squarcio secco nei polmoni, ad ogni colpo.
Incazzato nero.
Ero incazzato nero perché inutilmente provavo e riprovavo ad accendere l'ennesima “bionda”, quella che per qualche attimo avrebbe sedato il mio stramaledetto malore.
Entrai nel bar.
Fui investito dall'aroma di caffè e dai fiati delle persone che in quel luogo trascorrevano qualche ora della domenica sera.
Consumai velocemente un caffè ristretto e prima di uscire accesi finalmente la sigaretta.
Due boccate profonde, inalate come velluto che si adagia sugli strappi dentro al petto, prima di riprendere la strada, tra le imprecazioni di una vecchia rinsecchita seduta al tavolino che in meno di cinque secondi, sa solo il dio in quale inferno inzuppò la lingua, mi frastornò riempiendomi di insulti per aver acceso sulla soglia la mia sigaretta.
Come un cane frastornato in mezzo all'ingorgo, provai ad attraversare la strada, proprio dinanzi alla chiesa, quando, aspirando la sigaretta impregnata dallo smog, fui costretto a cedere il passo ad una donna che spingeva un passeggino provenendo dalla direzione opposta alla mia. Mi fermai per lasciarla passare quando un violento colpo di tosse mi scuoté violentemente, costringendomi a ad abbassare la testa poggiando le labbra sul pugno chiuso della mia mano. Provai a deglutire ma un altro colpo secco mi costrinse a piegarmi in due, tanto da trovarmi faccia a faccia con il piccolo che stava dentro al passeggino. Un marmitta di scarico di un “Suv” fumava la sua merda sulle nostre bocche. Nauseato gettai sull'asfalto la mia bionda e girandomi verso la madre del piccolo strillai: “Sbrigati a portarlo lontano da qui, cogliona: che lo intossichi!”
“Pensa per te, stronzo, che alla tua età succhi ancora il biberon velenoso delle sigarette analogiche” mi rispose lei. Incazzata di rimando.
“Fanculo” le dissi e, in fine, proseguii verso casa.
Nel cervello una sola frase mi rimbalzava; stramba, inusuale. Aveva un suono arcaico ma non antico, sapeva di vecchio e la percepivo sfatta, datata, che aveva fatto il suo tempo, cioè “Sigaretta analogica”.
Presi dal frigo un oliva e rigirandomi l'osso in bocca, quando, nell'attesa che si accendesse il computer e svuotavo la vescica pisciando, quella ***** espressione “sigaretta analogica” iniziò a rimbalzarmi come una pallina dentro ad un vecchio flipper, da una tempia all'altra.
Acceso il pc, aperto google, accesa la sigaretta e Fanculo! In meno di pochi secondi scopro che esiste una sigaretta differente da quelle che conoscevo fino a poco prima. Quelle tradizionali che la Tizia con il passeggino ha definito “analogiche”. Ora so che esistono le “Sigarette Elettroniche” e un altro modo di “fumare”, anzi no, non si dice “Fumare” ma “Svampare”, o giù di lì.
Ho divorato molte pagine del Forum, leggendo tante considerazioni e illuminanti valutazioni.
Ho già ordinato dei liquidi da svampare. Attendo di individuare la una “e-cig” che mi ispiri di brutto. Ma, sono certo che domani mattina bacerò la prima e-cig che incontro: o dal cinese sotto casa, o al bar dietro l'angolo, o nella farmacia in culo alla luna. State certi che domani, intanto, me ne faccio una.
Ciao ben trovati tutti.
Martello.
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