Nel 1978 i Funkadelic di George Clinton pubblicano quello che è universalmente considerato il loro capolavoro ma che è anche, in qualche modo, il loro testamento.
È “One Nation Under A Groove”, un must per tutta la black music.
Funkadelic. Mai nome fu più azzeccato per condensare in una sola parola il manifesto d’intenti di una formazione rock di black music, a cavallo fra Hendrix e Sly Stone, fra gli MC5 e Sun Ra, fra James Brown e i Grateful Dead.
Probabilmente questo non è il disco più adatto per chi si vuole avvicinare al funk ma è quello che meglio rappresenta la summa del genere funk. La commistione fra stili tanto diversi ma sempre e comunque affrontati da una matrice sfacciatamente black, rende questo disco assolutamente non facile, almeno per chi associa il funk solamente ad una musica danzereccia e poco più.
Faccio un invito ad un ascolto di “One Nation Under A Groove” adulto e intelligente, sforzandosi di uscire dal luogo comune dell’ascolto “per generi”, ossia, affrontare l’ascolto di un disco funky aspettandoti musica funky; il risultato sarebbe il disorientamento e forse anche il rifiuto.
Intendiamoci, il funk è presentissimo e non potrebbe essere altrimenti ma chi, pensando al funky pensa a James Brown e a pochi altri, dovrebbe fare un percorso più articolato prima di approdare a questo album.
Non mancano episodi più canonici come l’elegante e sincopata “Into You” che ho scelto di proporre o la traccia che dà il titolo all’album e credo che uno degli elementi più accattivanti del disco sia proprio l’uso delle voci, bizzarre e insolite: tutti cantano, tutti hanno qualcosa da dire, da urlare o da sussurrare.
“Into You” descrive, più che in altri pezzi, il disagio e la difficoltà di comprendere i gesti e le scelte del mondo quando questi mette in pratica tutte le negatività che possono esistere.
Funkadelic - Into You - YouTube
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