Il protozoo che manipola la mente
I ratti vedono il mondo come un posto pericoloso. Sono estremamente prudenti, evitano la luce e i luoghi aperti. Sono sospettosi riguardo ai cibi nuovi. L’odore di gatto li fa sparire. Per questo motivo è così difficile prenderli in trappola. A meno che non siano stati infettati da Toxoplasma gondii.
I ratti e i topi infettati da questo parassita unicellulare diventano più coraggiosi, smettono di temere l’odore del gatto, diventano più attivi e perdono la loro innata prudenza. Questo mutamento di comportamento è ormai stato appurato in numerosi esperimenti. Ad esempio, Robert Sapolsky e i suoi colleghi dell’Università di Stanford, hanno esaminato sia topi sia ratti, in un arena circolare. Ad un’estremità dell’arena hanno spruzzato orina di gatto e all’altra estremità orina di coniglio. Mentre i roditori sani, una volta avvertito l’odore di orina di gatto, si spaventavano ed evitavano quella zona dell’arena, i topi e i ratti infettati da T. gondii non presentavano segni di paura e anzi passavano più tempo nella zona che odorava di gatto rispetto all’altra. Non solo, ma mentre i topi e i ratti sani camminavano per lo più lungo le pareti dell’arena, i roditori infetti la attraversavano da una parte all’altra allo scoperto.
E facile immaginare come topi che si comportino in questo modo diventino facile preda per i gatti. E’ come se, modificando il comportamento dei suoi ospiti, T. gondii invitasse a pranzo i felini. Ma perché?
La risposta è nel ciclo vitale del protozoo. T. gondii è in grado di infettare tutti i mammiferi e molti uccelli, ma solo nei felini può riprodursi sessualmente. Gli ospiti ingeriscono gli oocisti del parassita (l’analogo delle uova) presenti nel terreno o nella carne di cui si cibano. Il parassita attraversa la parete dell’intestino e comincia a riprodursi in modo asessuato (per divisione cellulare). Sotto forma di tachizoiti, si diffonde velocemente nell’organismo ospite, il quale attiva il suo sistema immunitario e combatte l’infezione. Il parassita si rifugia in cisti inaccessibili alle difese immunitarie disseminate nei muscoli e nel cervello dell’ospite. Qui rimane al sicuro per il resto della vita dell’ospite. Nei felini, invece, T. gondii si stabilisce nell’intestino, dove si riproduce in modo sessuato (scambiando materiale genetico tra cellule diverse), producendo nuovi oocisti. Gli oocisti vengono rilasciati tramite le feci del felino nell’ambiente, dove resistono vitali per molti mesi, in attesa di infettare nuovi ospiti.
I felini, in particolare i gatti essendo i più diffusi, sono dunque il veicolo di diffusione di T.gondii. Ecco perché il parassita vuole entrare nei gatti. Dalla sua posizione strategica, incistato nel cervello di topi e ratti, manipola sottilmente i suoi ospiti in modo da renderli facile preda per i gatti, che divorandoli, ingeriscono il parassita.
E’ un meccanismo davvero affascinante. Un protozoo unicellulare riesce, come un burattinaio, a manipolare, per i suoi propri fini, il comportamento di un mammifero.
Si stima che circa metà della popolazione umana mondiale sia venuta a contatto con questo parassita. La probabilità di essere stati infettati aumenta nei possessori di gatti, in chi lavora a contatto col terreno o in chi consuma molta carne cruda. Finora T. gondii era conosciuto solo per essere la causa della toxoplasmosi, una patologia pericolosa per le donne in gravidanza e per gli immuno compromessi. Ma le nuove ricerche inducono un’inquietante domanda: T. gondii potrebbe avere qualche effetto anche sulla mente degli esseri umani? Dopotutto, dal punto di vista di un protozoo, il cervello di un topo e quello di un essere umano non sono molto diversi. Stessi neurotrasmettitori, stessi tipi cellulari. Anche se è improbabile che un essere umano possa essere preda di un gatto, i sistemi che T. gondii usa per controllare i roditori potrebbero avere qualche effetto collaterale sul cervello umano.
E’ quello che si sono chiesti Jaroslav Flegr e colleghi della Charles University di Praga. Per rispondere, hanno somministrato test psicologici ad un certo numero di volontari, suddivisi in due gruppi a seconda della sieropositività per T. gondii.
Il risultato è stato sorprendente. Esistono differenze piccole ma significative tra i due gruppi. Innanzitutto, l’infezione provoca effetti diversi a seconda del sesso. Gli uomini infetti hanno intelligenza inferiore, sono più dogmatici, hanno minor fiducia negli altri e tendono maggiormente a infrangere le regole. Sono più aggressivi e più gelosi. A differenza dei ratti, tendono a essere meno impulsivi. In contrasto, le donne infette da Toxoplasma, sono più passionali, disinibite, coscienziose, costanti, insicure e moralistiche. Tendono ad avere più amici e partner sessuali.
Prima che qualche donna cominci a pensare di contrarre volontariamente l’infezione per movimentare la sua vita, c’è da aggiungere che Flegr ha anche notato che le persone di entrambi i sessi infette da T. gondii hanno una probabilità di quasi tre volte superiore di avere incidenti stradali rispetto ai non infetti. Ciò sembra dovuto ad un lieve calo della capacità di attenzione causato dal parassita.
A complicare questa inquietante faccenda di parassiti e controllo mentale, si aggiungono le osservazioni di E. Fuller Torrey dello Stanley Medical Research Insitute di Bethesda, USA. Torrey da tempo studia il legame tra infezione da Toxoplasma e schizofrenia.
In alcune persone la fase acuta dell’infezione provoca sintomi psichiatrici, come allucinazioni e deliri. In più, se una donna contrae l’infezione in gravidanza, la probabilità che il figlio sviluppi schizofrenia in età adulta cresce di molto. Torrey ha esaminato numerosi studi clinici condotti negli ultimi cinquant’anni, trovando che quasi in tutti si riportava che pazienti psichiatrici avevano nel sangue un livello di anticorpi contro T. gondii più alto di quello delle persone sane.
Torrey e colleghi hanno allora coltivato cellule umane in provetta e le hanno infettate con T. gondii. Se le cellule infettate erano trattate con psicofarmaci usati nella terapia della schizofrenia, la crescita del parassita era bloccata.
Il cerchio si chiude grazie agli esperimenti di alcuni scienziati di Oxford. I ricercatori hanno unito le forze con Torrey per rispondere alla domanda che seguiva logicamente: potevano i farmaci antipsicotici curare i ratti manipolati da Toxoplasma? Gli esperimenti originali sono stati ripetuti e, come sempre, i ratti infettati da T. gondii si comportavano in maniera bizzarra. I ricercatori hanno allora usato vari farmaci antipsicotici sui ratti. In seguito al trattamento gli animali riacquistavano la paura. L’effetto inoltre era lo stesso se si usava un antipsicotico oppure pirimetamina, un farmaco usato in modo specifico per eliminare Toxoplasma.
Restano da chiarire alcuni punti: quali meccanismi molecolari usa T. gondii per realizzare i suoi trucchetti sul cervello di noi mammiferi? Perché alcune persone sviluppano schizofrenia in seguito all’infezione?
C’è chi si spinge addirittura a chiedersi quale possa essere stata l’influenza del protozoo sulla diversità culturale dell’umanità.
Di certo, il pensiero che un parassita così diffuso possa “smanettare” indisturbato nella stanza dei bottoni della nostra personalità, è piuttosto disturbante.
Segnalibri